14 Dic

Forse non tutti sanno che, per la prima volta, la Ferrante Aporti ha partecipato all’iniziativa mondiale per la divulgazione della programmazione informatica denominata Hour of Code.

Con la collaborazione delle maestre, il benestare della Vicepreside e l’autorizzazione del Dirigente Scolastico, un piccolo gruppo di genitori volontari, di cui ho avuto il privilegio di far parte, ha organizzato gratuitamente un evento in stile “CoderDojo” coinvolgendo una classe seconda presso il laboratorio di informatica. Trovate maggiori informazioni sui CoderDojo sul sito del CoderDojo di Milano.

L’obiettivo del laboratorio era di programmare un videogioco. Proprio crearlo da zero, non giocarci 😉

I bambini dovevano lavorare in coppie. Ogni coppia aveva a disposizione un computer con il programma Scratch (creato dal Massachusetts Institute of Technology per permettere ai bambini di programmare), le istruzioni e quattro regole fuori dal comune:
1) Si deve sbagliare, pensateci bene, anche se non ci facciamo tanto caso, anche se non ci piace ammetterlo, le più grandi scoperte non sono state fatte “per caso” o addirittura “per errore”?
2) Si può copiare, così si impara di più / più velocemente. Possiamo prendere quello che hanno fatto gli altri e costruirci sopra.
3) Un po’ per uno, entrambi i bambini devono poter consultare le istruzioni e lavorare sullo strumento.
4) Bisogna divertirsi!!!

Dopo una breve introduzione, i mentor, uno ogni tre postazioni più la maestra, si sono messi dietro ai bambini intervenendo solo su richiesta, senza imporre obiettivi, tempi, né modalità di esecuzione.

Pensate fosse ambizioso? Guardate queste foto prima che vi descriva quel che è veramente successo.

Per me era la prima esperienza e non sapevo che cosa aspettarmi, ma alla fine l’iniziativa è stata entusiasmante. Alcuni sono riusciti a completare il programma, altri hanno abbandonato l’esercizio per seguire le proprie inclinazioni, ma tutti si sono divertiti moltissimo. L’unica nota dolente che hanno rilevato sono state le scale da salire per raggiungere il laboratorio ;). Un bambino solitamente poco partecipe a scuola, si è “risvegliato”, tirando fuori talento e determinazione incomparabili. Io per tutto l’intervallo ho avuto bimbe che venivano ad appoggiare la testa sul mio grembo per farsi coccolare.

In sintesi questo è quello che, secondo me, abbiamo imparato.

Possiamo imparare qualsiasi cosa

Non appena si sono trovati davanti alla tastiera, i bambini non sapevano trovare i tasti dei numeri, né usare il mouse, ma dopo meno di 10 minuti riuscivano a utilizzare il computer da veterani.
All’inizio, scoraggiati dalla mole del libretto delle istruzioni (12 pagine come molte parole), non lo consultavano nemmeno, ma non appena hanno capito che erano utili, vi si orientavano meglio di me.
In generale, l’impressione che ho avuto è che davanti ad un obiettivo stimolante, i bambini riescono facilmente ad impadronirsi di tutti gli strumenti necessari al suo perseguimento. Imparare che cos’è un mouse o qual’è il programma che serve per scrivere non è tanto stimolante, ma utilizzare il mouse o uno strumento di scrittura per produrre qualcosa di creativo, lo è molto di più!

Il computer è nostro amico

Grazie al computer, possiamo fare tante cose che ci piacciono. Si può scegliere uno sfondo, aggiungere personaggi, disegnare, ecc. Inoltre, con la programmazione possiamo fargli fare quello che vogliamo. Insomma, rispetto al telefono della mamma o al tablet del papà, il computer offre molte più opportunità di interazione.
La cosa che mi ha stupito di più è stato notare come ciascuno sia riuscito a trovare e ad esprimere le proprie inclinazioni. Alcuni continuavano a modificare lo sfondo o a scegliere personaggi in tema, altri volevano imparare a disegnare, altri ancora erano attratti dal movimento a comando, altri volevano a tutti i costi portare a termine il compito.

Non c’è un solo un modo

Anche se le istruzioni suggerivano di rimpicciolire i personaggi entrando nel menu di grafica, io ho detto loro che potevano anche farlo cliccando un’icona. Ho anche trasferito loro un paio di “segreti”, come quello di “copiare” i blocchi di comando per non dover ripetere troppe volte le stesse azioni.
Insomma, i bambini hanno scoperto che c’è più di un modo di fare le cose e hanno potuto decidere quale metodo facesse di più al caso loro.

Lavorare in coppia è una bella fatica

La coppia equilibrata. Ci sono state coppie in sintonia per tutto il corso del laboratorio, concordando turni alla tastiera e condividendo gli obiettivi perfino senza parlarsi.
La coppia… non coppia. Ci sono state coppie in cui un componente era preponderante, sempre alla tastiera, sempre al comando.
La coppia matura. Ci sono state coppie in cui un componente è riuscito a seguire le preferenze e le inclinazioni dell’altro pur mantenendo l’obiettivo comune ben a fuoco, riuscendo a raggiungerlo nonostante le tante difficoltà.
La coppia litigiosa. Ci sono state coppie i cui componenti esprimevano caratteri e inclinazioni talmente differenti da non riuscire a convergere su un obiettivo o su una modalità comune.
In ogni caso, tutti alla fine sono riusciti a trovare un modo di lavorare insieme proficuamente, come vedete dalle foto in cui non pare ci siano i tipi diversi di coppie descritti sopra.

Infine, come spiega Ken Robinson in questa presentazione, in un mondo in cui la tecnologia cambia il futuro ad una tale velocità da rendere impossibile prevedere quel che aspetta i nostri figli al termine dalla scuola, le caratteristiche più importanti da coltivare sono il pensiero creativo e la collaborazione, e in questo senso l’esperienza di venerdì è stata illuminante.

Quando si parla di programmazione si vuole sì coltivare la naturale familiarità delle nuove generazioni con la tecnologia, ma non al fine di far di tutti i bambini dei programmatori. Perché imparare a domare la tecnologia è di gran lunga più potente che accettare che la subiscano passivamente, e perché la programmazione è un ambito dove da sempre si risolvono problemi nuovi usando creatività e collaborazione.